venerdì 11 febbraio 2022

Due lupetti sperduti

C’erano una volta, a Bosco Notturno, due lupetti birichini, che amavano giocare e esplorare.

Mamma lupa li metteva sempre in guardia: “ Non allontanatevi troppo. Potreste non riuscire più a trovare la via di casa!”.

E continuava: “ Belve feroci abitano le profondità del bosco, e due cuccioli come voi non avrebbero scampo di fronte al temibile orso bruno della foresta.”

I due lupetti facevano finta di non sentire la mamma. Come ho già detto, erano due lupetti davvero birichini!

In un pomeriggio di primavera, i due fratellini, come al solito si misero a giocare intorno alla loro tana.

Si stavano esercitando a muoversi come i grandi,: a grandi passi, mettendo le zampe dietro nelle orme di quelle davanti. L’impresa era più facile a dirsi che a farsi!

I due più che correre, saltellavano come conigli, e a un tratto, tra un saltello e l’altro, udirono una risatina provenire da un cespuglio. 

Quatti, quatti, strisciando sui fili d’erba, si avvicinarono, poi si guardarono e con una lesta zampata a testa aprirono il cespuglio.

All’interno vi era un coniglio bianco steso con le zampe all’insù, che come niente fosse, se la rideva a più non posso. 

“Cosa hai da ridacchiare batuffolo?” Chiese uno dei due lupetti.

“ Troppo divertente!” replicò il coniglio continuando a ridere. “ il mio nome è Bigfoot non batuffolo,  e voi due saltellate come conigli paffuti, altro che lupi!

Seppur i lupi non siano animali rancorosi, tutti sanno che sono molto permalosi e attaccabrighe. E quella lanciata dal coniglio era una provocazione bella e buona. 

I due cuccioli rossi come piccole furie, provarono ad azzannare con i loro denti da latte, le zampone del coniglio. A quel punto Bigfoot si ricompose e decise che era giunta l’ora di tornare alla propria tana. Era in ritardo per la cena. 

Dopo un cenno di saluto ai due cuccioli iracondi, il coniglio saltellò via in tutta fretta.

I due non avevano ancora finito con lui, perciò senza pensarci su, si misero a inseguire il coniglio bianco.

Corri corri, finì che i due persero il coniglio e non solo quello. Avevano perso la via di casa e erano arrivati fino a dentro la foresta. 

I lupacchiotti provarono a cercare il coniglio bianco in ogni buco sotterraneo e in ogni albero cavo… lui avrebbe di certo mostrato loro la via per  tornare a casa. D’altronde era il minimo dopo che li aveva presi in giro.

Purtroppo, la ricerca andò male: non trovarono da nessuna parte il candido animale!

I due lupetti sperduti si ricordarono le parole della madre:  “ Non allontanatevi troppo. Potreste non riuscire più a trovare la via di casa!”.

In quel momento di grande sconforto, risuonò un forte bramito che scosse foglie e fili d’erba e fece drizzare il pelo e le orecchie dei nostri piccoli malcapitati. “ Belve feroci abitano le profondità del bosco… cuccioli come voi non avrebbero scampo di fronte al temibile orso bruno della foresta.”

Quanto aveva ragione la loro mamma. Questa  volta si erano cacciati davvero nei guai: il temibile orso bruno della foreste sembrava essere vicino e anche arrabbiato.

Inutile ora piangersi addosso! I due erano stati birichini,  ma erano anche due tipi coraggiosi. A differenza di quanto insinuato da Bigfoot, non erano conigli, loro erano lupi e i lupi non piangono e non si nascondono, i lupi si rimboccano il pelo e si preparano allo scontro.

Fortunatamente per gli intrepidi fratellini, di sfortuna quel giorno ne avevano avuta abbastanza. Il temibile orso bruno si era stancato in un duello all’ultimo sangue con un altro orso, perciò passò davanti ai cuccioli tremanti e senza nemmeno accorgersi della loro presenza,  proseguì dritto verso la sua caverna.

Anche i due lupetti erano stanchi e volevano la loro mamma.

Intanto il crepuscolo aveva portato il buio e il cielo per allontanare le ombre aveva chiamato a risplendere la luna affinché le rubasse tutte. Nella notte gli animali cantavano. Il forte odore di muschio bagnato si mescolava al profumo caldo delle fragole di bosco, mentre i frutti del castagno luccicavano più delle lucciole sotto la luce delle stelle. 

Nella notte, il cuore di Bosco Notturno iniziò a pulsare. 

Mentre scoiattoli e camosci dorati ascoltavano il concerto dei rapaci notturni e la melodia degli acquitrini, il gufo reale, Owl Pacino, in alto alla quercia madre,  vide i fratellini stanchi e persi e decise di aiutarli.

"Picciriddi, vi pirdistivu? Si a vostra matri vuliti trúvari, una canzuna a luna aviti a cantari! ".

I due lupetti non capirono le parole del gufo, ma ne compresero il significato. Pertanto alzando il muso in alto verso il cielo, ulularono alla luna.

Ahuuuu… Ahuuu…

L’ululato dei cuccioli fece il giro di Bosco Notturno e arrivò  fino alle orecchie di mamma lupa, che preoccupata, corse come i grandi lupi sanno fare, verso i suoi piccoli.

La lupa trovò i due cuccioli addormentati, cullati dai suoni del bosco e protetti dalla luce della luna. Mettendoseli in groppa, li riportò sani e salvi a casa.

I due lupetti birichini avevano imparato la lezione, non si allontanarono più. Ma avevano anche appreso, che semmai un giorno avrebbero smarrito la via di casa, ululando alla luna non sarebbero mai più stati due lupetti sperduti.

Un amico per Uccio

C’era una volta, in fondo a un mare blu cobalto, un piccolo Ippocampo che sognava di essere cavalcato da un bambino, come lo sono i pony sulla terra ferma.

Uccio, questo era il suo nome, si sentiva tanto solo sul fondale. Avrebbe voluto un amico col quale sognare insieme.

Purtroppo per lui, ahimè, gli altri cavallucci non condividevano il suo sogno, anzi, a dirla tutta, non avevano grandi sogni. Amavano il loro dolce far niente, se non nulla più, che dondolarsi con la coda di qua e di là, giù per le scogliere.

Dovete sapere, che i cavallucci marini preferiscono passare le loro giornate in solitudine e completa libertà. Perciò, pur di non avere a che fare con gli altri abitanti del mare, si mimetizzano con ciò che li circonda: sabbia, coralli, anemoni… Sono schivi persino gli uni con gli altri!

Si narra di un ippocampo delle mangrovie, che per evitare di essere invitato dai parenti al gran cenone di capodanno, a base di plancton, si sia mimetizzato così bene, che nessuno l’ha mai più trovato. Si vocifera, che abbia scoperto come mimetizzarsi con l’acqua!

Insomma, per il caro Uccio trovare un amico era un impresa ardua! 

Impresa che diventava del tutto impossibile se teniamo conto della sua rosea timidezza… e dico rosea perché, appena qualche granchio, o mollusco, o qualunque branchiato, accennava un discorso con il nostro cavalluccio marino, lui diventava rosso dalla vergogna! 

Qualche tempo fa, Uccio, era riuscito ad instaurare una conoscenza con un pesce pagliaccio, ma quando Uccio raccontò al pesciolino, il suo sogno, proponendogli di farsi cavalcare, quest’ultimo si mise a ridere a crepapelle! 

“ Che cosa sgarbata è ridere dei sogni altrui! “ pensò l’ippocampo.

Da allora Uccio, segue l’esempio degli altri cavallucci, e se ne resta solo soletto, attaccato alla scogliera, a sognare. 

Una mattina d’estate, Uccio se ne stava come suo solito, ancorato alla sua scogliera, dondolando di qua e di là, quando a un tratto, mentre osservava i brillantini creati dal sole sul mare, proprio lì su, vide qualcosa scivolare tra quelli, e giocarci insieme a nascondino. 

Il piccolo ippocampo, incuriosito, decise di abbandonare il fondale e salire in superficie. 

Uccio fece capolino da un’ ondina e scorse uno strano oggetto a forma di improbabile polipo, che un piccolo cucciolo umano chiamava a sé, con lacrimoni.

Vicino agli scogli bianchi, vi era un bambino piccolo, piccolo, che dondolandosi avanti e indietro nel suo ovetto, con una spinta delle manine aveva fatto rotolare il suo giocattolo in acqua.

Il bimbo attese pazientemente che la mamma recuperasse il malcapitato, ma pazienta, pazienta, nessuno accorse, quindi si mise a magugnare sperando che, il suo giocattolino lo sentisse e tornasse da lui. 

“ Uhhh… Uhhh…” chiamava il bambino, ma nulla. Il polipo se ne rimaneva beato e sordo, a galleggiare.

Goccioloni d’acqua stavano sgorgando bagnando le paffute gote, quando il bambino, vicino al polipo, vide spuntare un altro giocattolo, a forma di cavallino. 

Non sto a dirvi lo stupore del bambino, quando vide il cavalluccio, a differenza del polipo …, andargli incontro. Le lacrime scomparvero,  e sul volto ancora umido del piccolo, comparve un enorme sorriso. 

Uccio contento della gioia di quel bambino, iniziò a danzare e a galoppare all’indietro verso lo spettatore che con entusiasmo incitava il cavalluccio con fragorose risate e striduli urletti.

L’ippocampo diventava sempre più rosso, ma al bambino questo piaceva e meravigliava. 

Il bebè cercava in tutti i modi di avvicinarsi al cavalluccio, dimenandosi nel passeggino.

L’entusiasmo era incontenibile!

A tal punto che, la mamma del piccolo umano, decise che fosse giunta l’ora di tornare a casa, e iniziò a raccogliere le sue cose.

Il bambino ancora non aveva capito quello che stava per succedere, ma Uccio si.

Non voleva separarsi da quei teneri occhioni che lo guardavano con tanta ammirazione. Perciò, nel suo cuore, in silenzio, espresse il desiderio di poter restare per sempre a giocare con il bambino.

Poseidone, il protettore dei cavallucci, esaudì il suo desiderio. Tre battiti di cuore dopo, il cavalluccio saltò nelle mani del piccolo e divenne un pupazzo a righe bianche e blu, come le onde del mare dalle quali aveva fatto cucù.

Il bambino strinse a se il suo nuovo compagno di giochi, mentre la carrozzina si allontanava dalla scogliera.

Uccio finalmente aveva trovato un amico. E chissà forse un giorno, sarebbe stato anche cavalcato.


* Fiaba vincitrice del concorso Fiabe&Favole 2022 Historica Edizioni. 

Qui trovate il Link per acquistare il volume: Un amico per Uccio

Sei quasi tutto me



Sei quasi tutto me.
Ad ogni tuo colpo sussulto.
Perpetuo nelle tue piccole onde.
La mia mano segue i tuoi spazi
e ti coccolo,
sotto pelle.
La mia, la tua pelle.
Tu sei in me ed io in me sono con te.
Sei quel tipo di amore
che opprime lo stomaco e
rende il mio corpo
tutto il suo mondo.
Sei quasi tutto me
e per me
sei già tutto.

Birilibì



Birilibì,
una stellina è caduta qui.

Birilibì,
su nel cielo, manca lì,
una stellina, 
e il mondo quaggiù è più buio,
deve tornare in cielo prima di mattina.

Birilibì,
dove sei?
Birilibì,
cosa fai? 
Adesso che, una stellina,
è caduta qui, giù dal ciel.

Birilibì,
un principino galoppa col suo cavallino,
per trovare la stellina e 
il desiderio esprimere a mattina.

Birilibì,
dove sei?
Birilibì,
cosa fai? 
Adesso che, il principino, 
è finalmente qui con te.

Birilibì,
il principino è arrivato qui,
col suo cavallino,
Evviva! Ha trovato la stellina!
Con un desiderio tornerà su, prima di mattina.

Birilibì,
dove sei?
Birilibì,
dove vai?
Adesso che, il principino,
il desiderio esprimerà per te.

Birilibì,
la stellina, è di nuovo su, fino a mattina,
nel cielo è grande festa,
che dolcezza!
la notte illumina e danza nella foresta. 

Birilibì,
ora sei su!
Burilibì,
splendi dai!
Birilibì,
intanto sai, il principino dorme qui!

Birilibì, birilibì, birilibì,
Birilibì, birilibì, birilibì,

Bi-ri-li-bì!

PARTE PRIMA - La carrozza magica

C’era una volta in una città senza sogni e tutta realtà, una principessa, che ancora non sapeva di essere una principessa. In cuor suo sentiva che come per magia un dì, forse, qualcosa di speciale e fatato le sarebbe capitato... 

Per questo ella sognante e coraggiosa immaginava dalla sua finestrella un mondo incantato. Fatto di: rose, fiori,salici e fontane; conigli bianchi e caprioli, e un piccolo stagno, che poi tanto piccolo non era dato che ci sguazzavano ben tre maestosi cigni bianchi. Nello stagno magico ogni desiderio si trasformava in realtà. Esso adornato da ninfee, aveva un fondale di rocce. Mantre le carpe nuotavano quiete e maestose, al di sotto il fondale illuminato brillava come le monetine dei desideri fanno nell'acqua dei pozzi alla fine degli arcobaleni. 

In quel giardino fatto solo per chi ha occhi che sanno sognare senza doversi socchiudere, vi era un lungo nastro azzurro, che da un melo a un ciliegio ergeva come fossero neonati, bianche lenzuola di cotone, pizzo e macramè con le quali il vento contro i raggi del primo meriggio, si divertiva a giocare a nascondino... 🌬e al posto del cemento grigio? Vi era un pavé argentato ove piccoli non ti scordar di me facevano “ ce c’è “ ai lati delle massicce pietre. 

E quel dì che la principessa sognava, sta a voi se crederci o no, un giorno arrivò. 

A dire il vero: non fu un dì ma una notte. Una notte ove la luna si specchiava innamorata nello stagno.

Per davvero, per quanto la luna si specchiava nell’acqua limpida, se la principessa non si fosse affacciata si correva il rischio che la essa si tramutasse in narciso.

A attendere la principessa sotto casa, ella non vi era un principe, nemmeno la sua fata madrina, ma una carrozza tutta d’oro che l’avrebbe resa una vera principessa e l’avrebbe condotta nel roseo mondo delle fiabe. 

Nel magico mondo delle Disney Princess 3D.

La storia continua... 

Nel frattempo per continuare a sognare, se anche voi siete dei principi o principesse, cercate le Disney Princess 3D su Instagram.

#Disneyprincess3D @Disneyprincess3D

Le fiabe di NenéDesign byiolecal