lunedì 30 ottobre 2023

La gatta nera

Copyright illustrazione: @strwbmoth


Una bambina di sei sette mesi veniva a trovarla la pantafica, perché era nata vestita (e la mamma la camicia l’aveva conservata). 

La neonata dormiva tutta la notte fino alle 5 di mattina, quando con urla di paura piangeva chiamando sua madre e facendo fuggire la strega.

Una notte però la piccola non si svegliò mai e il mattino seguente i genitori trovarono la culla vuota. 

Il destino di strega l’aveva presa. La piccola era stata rapita. 

Nessuna delle infinite lacrime versate poté quietare la madre della piccola. Nè la gatta nera, che faceva le fusa seduta sulle gambe della donna potevano rincuorarla da quel dolore.

La vecchia magara del paese, Orsolina di nome faceva, andò a far visita alla mamma di quella bambina. E le disse: 

-“ Se veramente è ritrovare tua figlia quello che vuoi vai alla fontana ai piedi del colle di Santa Maria e lavati con quell’acqua. Prega tutto un giorno e una notte. Quando all’albe torni a casa metti del latte caldo sul tavolo e siedi là a cucire. “ 

Detto questo la strea si alzò tenendo stretto tra le mani nu cenci viecchie. Prima di uscire lo lascio sul tavolo con un ago appuntato.

La donna seguì le istruzioni della fattucchiera. 

Si lavò, pregò in ginocchio senza alzarsi per un giorno e una notte. Quando tornò a casa mise il latte nel piattino della bambina, come buon auspicio. E mentre l’alba arrossava il cielo, in silenzio la genitrice si mise a cucire. 

Cuciva, e cuciva senza senso su quel cencio, quando a un certo punto l’ago dalla mano teso, andò a pungere la zampa della gatta nera intenta a bere dalla ciotola il latte lì di fianco. 

Una goccia di sangue rosso come il fuoco vivo macchiò la pezza cucita. Al posto della gatta nera apparve la bambina scomparsa, nuda.

Al piede sinistro aveva una piccola ferita: quella che l’ago gli avea inferto. Il marchio. Con quello la piccola aveva perso quella virtù.

 -“Zampe di grill e fatiche di hatt!” Esclamò la madre con gioia che subito strinse a se la piccola.

Per evitare che la pantafica tornasse a vendicarsi sulla lattante, la giovane donna lasciò ogni notte una scopa impagliata fuori la porta. 

Per molte notti fuori all’uscio si sentiva una voca contare.

“.1,2,3….100…1199…” era il diavolo che contava le spighe della scopa. Non faceva in tempo a finire che si faceva giorno e doveva fuggire.

Andò avanti così a contare per mesi. Finché una notte non si udì più nulla.

 La bambina era salva. 



Buon Halloween Principesse 🎃🖤


Fonti usati per la fiaba:

- “L’ammidia, storie di streghe d’Abruzzo “ David Ferrante.

- “le superstizioni degli Abruzzesi” Emiliano Giancristofaro.

-“Streghe, dramma, emozione in un mondo che ci appartiene” Franco di Silverio.


martedì 24 ottobre 2023

Lo spirito d’Autunno

Illustrazione: @laivi_illustration   

Vedete il turbinio di foglie dorate che volano e vi circondano mentre camminate? 

E lo sentite il leggero odore di erba umida che il vento porta? È petricore, annusatelo pure!

Lasciatevi abbracciare dal calore del fuoco che scoppietta nei camini. Ballate saltando tra pozzanghere, stagni e acquitrini. 

Scegliete, bambini con coraggio: se aprire l’ombrello o alzare le braccia al cielo. Per accogliere la pioggia sul volto spensierato e giocare come un beato fauno silvano.

Siete pronti per afferrare tutto questo? 

Il gioco inizia adesso.

Prima che ve ne possiate accorgere bambini, passa tutto. E arrivano subito i piumini.

Dura poco questa stagione. 

Bisogna acchiapparla con mano lesta. Tanta pioggia ci aspetta.

Tutta questa meraviglia e la grande magia, insieme alle foglie voleranno presto via.

 Ecco venite, accorrete! 

Lì fuori c’è l’autunno, vi prometto che ve ne innamorerete.


In una cassetta vicino al bosco abitava una piccola famiglia immersa in quell’ambiente fosco.

Iaia e Nanno erano fratello e sorella. Si volevano molto bene, e amavano giocare insieme. 

Erano però come il sole e la luna. 

Iaia nata nel pieno dell’autunno, amava accendere le candele una a una. Restare al buio a sognare, e al chiaro di luna a cucinare e disegnare.

 Si cullava nella tranquilla nostalgia della sua stagione e adorava quando fuori c’era un bell’acquazzone. Guardava con attenzione nella finestra, le gocce di pioggia tuffarsi in giù a far festa. 

Nanno invece, nato al termine dell’estate, aveva in se l’euforia di quelle calde settimane passate. Non gli piaceva affatto la stagione delle piogge e gli mancava la sabbia, il mare e tirare l’acqua sotto le logge. 

Nanno si sentiva triste e sconsolato. 

Soffiava sulla camomilla facendo :- “ fuuu fuuu… “ . Però immaginava di fare tutto d’un sorso: glu, glu. Girare il ghiaccio in un bicchiere, per poi bere ancora tè freddo e mangiare amarene. 

Quanto gli mancavano quei momenti pieni di vela e nuotate! E si chiedeva: “ Uffa, ma quanto manca all’estate?” 

Borbottava sempre Nanno e poi chiudeva il solito libro. Non gli andava proprio nemmeno di mettere un segnalibro.

 - “ Mi annoio…” diceva e borbottava ancora aspettando arrivasse sera.

La sorella stanca di vederlo a terra, lo invitò a fare una torta di zucca e cannella.

-“ Ti farò assaggiare quanto è buono l’autunno. “ Affermò la bambinella con la grinta di un Unno.

Nanno si alzò dal letto e zitto zitto segui sua sorella. 

In una ciotola mescolarono lo zucchero con le uova e la cannella.  Aggiunsero: latte, farina, zucca e burro. Schiacciarono Noci e castagne e poi misero curcuma, miele e mele cotogne.

Misero sopra altra cannella. Con un pizzico di zenzero che mescolarono al latte di asinella. 

Chiusero la torta nel dolce forno.

 Iaia spalancò estasiata gli occhi, e osservò lì dentro come ci fosse unicorni. 

Nanno si era divertito. Il piccolo era ancora arcigno in viso, quando a un tratto appari nella torta un terzo viso. Due occhi un naso e persino una bocca con sorriso… 

La torta che aspettavano di mangiare, non ci crederete: iniziò a parlare!

Dall’antro della cucina, riecheggiava un intensa vocina:

 - “ Sono Frunno, lo spirito d’autunno !”

 “ Con il cuore mi avete chiamato. Con un incantesimo mi avete invocato, e ora sono intrappolato!”

Nanno era allibito, Iaia aprì il forno cercando di toccare la torta con un dito.

Nella casa si diffuse il profumo che Frunno schiuse. Era dell’autunno, l’odore dolce di melarose che si posava adagio su tutte le cose. 

Un profumo di boschi, lupi, focacce e caldarroste. Raccontava di walzer dorati, pini, funghi, muschi e irte coste .

 Frunno continuò a chiacchierare: -“ bambini non parlate?” chiese lo spirito ridendo.

 Quel silenzio lo stava offendendo. -“  Dato che nel dolcetto mi avete messo, ora vi faccio uno scherzetto!” -

-“ PER tutte LE FRAGOLE DI BOSCO, Qui ci sono le  foglie secche che mi cadono addosso ! SOFFIA VENTO a più non posso e portale via in un FOSSO!-

Il vento forte del nord entrò dalla finestra, mise tutto a soqquadro in fretta. E mentre il vento persisteva a soffiare lo spirito scherzi continuò a fare. 

“ Frangipane, castagne e tartufini dovete danzare come burattini. SCOPPIA FUOCO e scoppietta, riscaldaci con la tua fiamma, SAETTA. “

Nel forno il fuoco iniziò a divampare e i bambini iniziarono a tremare.

 Frunno non smetteva di gridare: -“ TATATO, TATATo. Corri veloce, ACQUAZ… VIENni… “ 

Non si sentii più nulla.

Frunno era diventato silenzioso come un ramo di betulla. 

Nanno lo aveva mangiato.

Un pezzo di torta, la parte della bocca, il bambino se l’era divorato.

-“ Per le fragole di bosco: com’è buono l’autunno! “ridacchio masticando il goliardico golosone, accarezzando come un vecchietto il suo pancione.

Un piccolo brivido lo fece vibrare, era il pizzico di zenzero rimasto sulla lingua a frizzare. 

Iaia sollevata e felice prese anche lei un pezzo di dolce.

-“ Mmm che bontà questo autunno! “ disse la piccolina.

Che birichino che era il suo fratelletto. A dire il vero era sempre stato un piccolo dispettosetto.

Lo Spirito chiuse gli occhi e volò via dai comignoli passando tra i fichi, e poi ancora via verso lontani echi.

I due bimbetti decisero di inseguirlo. Presero scarpocini, sciarpe e ombrello.

Accoccolati nelle loro cerate danzarono un lento: la melodia dei violìni del vento. 

Raccolsero foglie e fiori e fecero delle corone. 

I fratelli tenendosi per mano a due pie saltavano sul guazzo.

 SLPASH e ancora SPLASH e Splash! Wow che spasso!

Correvano come un areoplano urlando a squarciagola: 

-“ TATATO. TATATO non andare via lontano! “

Non sapevano nemmeno cosa volesse dire. Il significato non importava, ne parlarono all’imbrunire.

La pioggia fitta cadeva e quando arrivò la sera con le lanterne al polso, i due bambini si sedettero vicini al fuoco intonso.

Si narrarono storie di paura. Di streghe che rapivano infanti per trasformarli in neri gatti. 

Sorseggiarono del caldo cioccolato, mentre ammiravano il cielo stellato.

In cuor loro i pupetti, per i divertenti scherzetti, ringraziarono il dolce e antico Frunno.

 Entrambi finalmente, s’erano innamorati dell’autunno.🍁 

sabato 23 settembre 2023

PARTE SECONDA- Il Ballo delle debuttanti




In una notte dove tutto sembrava possibile, mentre la principessa ammirava la luna illuminare di sogni il mondo, ella espresse un desiderio.

Purtroppo non posso svelarvi il desiderio, perché un desiderio svelato non si avvera più. Tuttavia vi posso raccontare che il desiderio della ragazza si avverò.

Mentre ella rifletteva se anche la luna lassù non desiderasse ardentemente scendere laggiù, vide una carrozza farsi strada tra i meandri della città a gran velocità.

Avete letto bene: non un auto, nè un taxi, ma una carrozza dorata con tanto di ruote, cavalli e cocchiere. E si fermò proprio davanti casa della nostra ragazza! 

Senza perder tempo la fanciulla scivolò via dalla finestra al piano di sotto per scoprire chi fosse. 

“ Toc, Toc” bussarono solennemente alla porta. Quando la fanciulla aprí trovò davanti a sè il valletto reale. Vestito di tutto punto, con tanto di regale fascia rossa, coccarda, e cappello con piuma. Prima che lei potesse proferire parola, srotolò una lunga pergamena e lèsse a voce alta: 

“ Udite, udite. Per ordine del Re ogni fanciulla del reame dall’animo nobile e gentile è invitata al gran ballo delle debuttanti, dove saranno proclamate le novizie Disney princess 3D. “

E continuò: “ Ho l’ordine di accompagnare la damigella qui presente dinanzi a me al Gran ballo delle debuttanti. Attenderò ella qui, che si cambi d’abito.” 

Detto questo il valletto arrotolò la pergamena e consegnò una enorme scatola bianca alla fanciulla. 

La giovane non sapeva cosa rispondere. Imbarazzata allungò delicatamente le braccia e prese goffamente il grande pacco. 

Non fece in tempo nemmeno a ringraziarlo, che il valletto fece come per congedarsi, e si mise statuario in attesa vicino alla carrozza.

La piccola chiuse la porta dietro di se, fece due passi avanti e posò la scatola più grande di lei, su di un tavolino all’ingrasso.

“ Non posso crederci…” penso fissando il vuoto.

Non poteva crederci davvero, tant’è vero che corse sbirciando da dietro una tenda della finestra della sala per vedere se fosse tutto vero o stesse sognando.

Il valletto e il cocchiere indisturbati si rilassavano, accarezzando i cavalli e chiacchierando come due amici di lunga data. 

La puella volse lo sguardo nuovamente verso la scatola. 

Era di un affabile bianco perlato e risplendeva come la luna che poc’anzi lei guardava. Un grosso nastro in cotone blu avvolgeva il pacco, come un morbido foulard che impreziosisce e riscalda dal vento pungente della notte il collo. 

Lo sciolse. 

Alzando il coperchio si accorse che non era una semplice scatola, ma uno scrigno prezioso che custodiva con cura l’abito più bello che lei avesse mai visto.

Ella amabilmente, con le dite, lo sfilò dalla custodia. 

Era un voluminoso abito a ballerina. Il corpetto in raso bianco risplendeva. Era il centro di un cuore fatto di strati di tulle e piccoli diamanti. La gonna e le spalline a sbuffo erano di eterea seta d’organza. Color ceruleo. Impalpabile.

Quell’abito sembrava rappresentare tutti i suoi desideri. Quell’abito era parte di lei. Se avesse potuto, e così sarebbe stato, lo avrebbe custodito con amore per sempre.

Lo strinse al petto e andò nella sua stanza a prepararsi.

Quando riscese, si fermò dinanzi lo specchio per un ultimo sguardo.

“ Poteva davvero essere tutto vero? “ Con quell’abito tutto era possibile.

Perciò si fece coraggio. Anche fosse stato un sogno tanto valeva viverlo fino in fondo e l’indomani avere un nuovo sogno da realizzare.

Prima di uscire però andò dietro casa nell’orto. Prese una cesta con delle carote, dove si accorse che dei topolini si erano nascosti. Quando uscirono le prese un colpo e quasi stava per cadere su di una zucca. Come un equilibrista riuscì a restare diritta. Salutò i topolini, che quasi avrebbe voluto portare con se al ballo, fece un’occhiataccia amichevole alla zucca sulla quale era inciampata e finalmente uscì di casa. 

Le carote erano per i cavalli. “ Chissà quanta strada avevano fatto e quanta altra ne avrebbero dovuta fare. Magari vogliono rifocillarsi un poco. “ Spiegò la fanciulla. Il valletto che era stato fin dall’inizio tutto d’un pezzo si fece dolce in viso e accennò un piccolo sorriso. Il cocchiere ringraziò e la carrozza con a bordo la principessa poco dopo partì. 

La carrozza si faceva strada silenziosa nel cuore della notte per le vie della città. Fino a quando si discosto dalla strada e prese un sentiero sferrato, buio e tetro. La principessa vedeva solo dei tronchi di alberi ai lati del viottolo quando i fari della carrozza vi passavano vicino. 

A un tratto il percorso si rischiarò. Il paesaggio di città lasciò il cammino a un notturno bosco autunnale. Ai lati del corso degli antichi lampioni mostravano lo scenario con la loro luce calda. L’odore forte di petricore invase la carrozza dorata, mentre gli animali del bosco insieme al vento, suonavano una melodia tutto loro. Una melodia che accompagnava il cocchio che si appropinquava sempre di più al palazzo reale, inghiottito dal foliage che lentamente mutava dal verde, al giallo, al dorato, all’arancione fino al rosso.

Il palazzo li attendeva vivo su di un altura, vegliato dall’alto da una immensa luna sorniona.

La storia continua…

Nel frattempo per continuare a sognare, se anche voi siete dei principi o delle principesse, vi invito a seguire le Disney Princess 3D su Instagram. Anche loro si sono agghindate a festa per partecipare come madrine al Gran Ballo delle debuttanti di Lago Maggiore.

#Disneyprincess3D @Disneyprincess3D

Illustrazione di @rozenberry dal titolo “ Cinderella “.

mercoledì 7 giugno 2023

Ninna Nanna bilingue per birbanti

 


Piccolino fai la nanna!

Con i tuoi bei boccoletti.

Ti si arricciano i capelli,

quando fai i capricetti.

Se vuoi giocare ancora a palla,

 disegnane una sul book della nonna.

Se non vuoi più mangiare, 

il latte caldo da papà ti farai dare.

Ti vedo sbadigliare:

è ora di andare a dormire!

La rain cade sul tetto 

e anche le cars spengono il motore e vanno a letto.

Piccolino fai la nanna!

Con i tuoi bei boccoletti. 

Ti si arricciano i capelli quando fai i capricetti.

Sei un piccolo birichino

Cambiamo il pannolino 

e dopo questa filastrocca

Via giu sotto nel lettino. 

Piccolino fai la nanna!

Con i tuoi bei boccoletti. 

Ti si arricciano i capelli quando fai i capricetti.

Una coccola ancora,

e ora sotto le lenzuola.

È la mamma che ti dice:

ti amo mio birbante

Sogna bene, sogna la palla, che domani ci giochiamo ancora.


domenica 7 maggio 2023

Una rosellina d’autunno

                         Art: @marie__lise


C'era una volta in una piccola casa di campagna, un roseto bellissimo. Le rose che lì crescevano, grazie agli intimi aromi dell'orto, erano forti e rigogliose. Quelle rose aveano petali così caldi, che pareva che il tramonto le avesse infuocate con dei baci, e così vellutati che al tocco sembrava accarezzare il manto di una candida pecorella. 

L'anziana signora che abitava nella casa tutta edera e mattoni, adorava il suo roseto. Amava guardarlo la mattina dalla finestra della cucina, il profumo delle rose bagnate dalla prima rugiada si mescolava con il deciso odore di caffè. Al terzo rintocco delle 22, prima di immergersi nei suoi sogni d'alcova, la signora ammirava il rosso delle rose che si avvolgeva nel buio della notte come fosse un lenzuolo di nera seta. Per lei non vi era cosa più preziosa nella casa di quel roseto. 

Raccontava a amici, bimbi e vicini,  che quel roseto fosse magico. Che gli angeli tramutati in rose ascoltassero i desideri di chi alle rose con coraggio si confidava. Se fosse vero o no non si sa. Tuttavia ogni volta che l'anziana signora regalava una delle rose a qualcuno, quel qualcuno si sentiva subito pieno di speranze e qualcosa di bello gli accadeva sul serio.

Una sera la signora si sentii molto stanca. Saluto la luna e le rose poi chiuse gli occhi per sempre.

Il roseto con il torrido caldo dell'estate e senza le cure della padrona di casa avvizzì. Ma l'amore donato trova sempre il modo di ritornare. La Madonna  che dal cielo aveva rimirato quanta gioia e speranza la signora aveva portato grazie a quel roseto, decise di benedire davvero quelle rose. 

Perciò  fece scendere  una santa  pioggia a catinelle affinché lo dissetasse in eterno.

Durante un  autunno lontano e  dorato, il roseto fiori di nuovo. Le rose erano  belle e morbide. Tutte bianche. 

Dal balcone della casa di campagna un vagito riecheggiava fino al roseto. Era il delicato suono di una bimba appena nata, la pronipote della signora. La piccola aveva un cespuglio soffice nero come la notte per capelli. La pelle bianca come quella delle venere rose e le gote rosate come quelle delle colombe innamorate.  

Il suo nome era: Bianca Maria.

Per profumo e aspetto sembrava anche lei una piccola rosa. E se fosse stata una rosa di quel roseto, la piccola, sarebbe stata l’ultima nata fra le rose. I  suoi petali sarebbero stati  di un delizioso rosa antico. La maggior parte ancora chiusi a bocciolo. 

Quando la rugiada le fosse scivolata sopra ai primi albori del mattino, sarebbe sembrata il ninnolo argentato tanto adorato di una qualche tenera bambina. Una tenera bambina come lei. Ma anche una rosa benedetta: una piccola rosellina d’autunno. 



Alla mia rosellina d’autunno. Mia figlia: Venere Bianca Maria Laurenzi, per il suo battesimo.

Che tu possa essere benedetta e protetta dalla Vergine Maria per tutta la vita e che l’amore e la speranza fioriscano in te come un rigoglioso roseto. 

La tua mamma.

 

 

 

 

 

martedì 7 febbraio 2023

Torta “ Rosa al Limone “



Principesse per voi una ricetta dolce che sa di estate e inverno insieme. Mescolati indistintamente in una danza di limoni.

Una ricetta semplice e veloce ideale per un tè delle cinque.

Ve ne innamorerete 🍋

 Ingredienti:

  • 200 g  Farina 00
  • 200 g  Zucchero
  • 2  Uova
  • 1 vasetto  Yogurt bianco naturale(125 ml) 
  • 100 g  Burro
  • 1 grande  Succo di limone
  • 1  Scorza di limone
    1 bustina di lievito vanigliato 
    Stampo a forma di rosa
    125g Zucchero a velo 
    20g Miele
    1 cucchiaino di Curcuma
    50g Cioccolato fondente 



Per prima cosa principesse, accendete il forno statico a 180 gradi. Poi mettete in frigo la barretta di cioccolato fondente.

Ora incominciamo!

In una ciotola montate a neve le 2 uova intere con lo zucchero. 

Al composto aggiungete continuando a mescolare: lo yogurt a temperatura ambiente e il burro fuso sempre a temperatura ambiente.

Per fondere al meglio il burro, ponete in un pentolino i 100g e accendete il fuoco lento. Quando la metà si sarà sciolta, spegnete il fuoco e lasciatelo a stemperare.

Incorporate: il miele, il succo di limone, la grattugia.

In un altra ciotola setacciate la farina e mescolatela con il lievito. Poi addensate all’area ciotola. 

Unite il composto versando la farina con il lievito, a scaglioni, mescolando finché non vi sarà nemmeno un grumo.

Prendete dal frigo la cioccolata e tagliatela a scaglie. 

Aggiungete le scaglie all’impasto e mescolate un ultima volta.

Imburrate e infarinate lo stampo a rosa, fare questo renderà i petali più lucidi.

Versate l’impatto nello stampo e infornate per 40 minuti a 180 gradi.

Ci siamo quasi principesse.

Mentre la torta cuoce e il profumo di limoni inonda la cucina, prepariamo la glassa per la copertura.

In un cotile versate un po’ di zucchero a velo con qualche goccia di limone e un cucchiaino di curcuma. 

Mescolate e aggiungete di volta in volta zucchero a velo e succo di limone, fino a quando non otterrete abbastanza glassa per ricoprire tutta la vostra torta.

Gli uccellini consigliano di non aggiungere troppo succo in modo da rendere la glassa meno liquida, ma più densa.

DRiin DRiin!


Il forno di è spento. È ora di aprirlo e prendere la vostra torta.

Prima di tirarla fuori dallo stampo, aspettare 10-15 minuti, anche più se non avete fretta, in modo tale che si freddi per bene.

Capovolgete su un piatto la torta perché è arrivato il momento di imbellettarla con la glassa al limone.

Come luccica. Non è vero?

Ecco a voi principesse la torta Rosa di limone.

Bon appétit! 🌹


    lunedì 30 gennaio 2023

    I giorni della merla


     C’era una volta, tra gli equinozi e i solstizi, un magico giardino, che con il passare delle stagioni sfioriva e sbocciava, alternatamente e continuamente. 
    Nel giardino un canto di merlo scandiva il tempo. Bianco era il suo manto come la prima neve d’inverno. Giallo paglierino il suo becco come il sole alto di ferragosto. 
    Nel giardino delle stagioni era proprio da quel becco dorato, che tutti i mesi venivano fuori, annunciati in un canto.
    Nelle ore del giorno il merlo fischiettava una filastrocca, che da bocca a orecchio tutti i bambini hanno udito almeno una volta. 
    -“ Trenta giorni ha Novembre, con April, Giugno e Settembre.
    Di ventotto c’è n’è uno, tutti gli altri fan trentuno. “, “Fiuu” - zirlava così concludendo, il merlo bianco.

    Quello che tutti sapevano nel giardino, e invece oggi nel mondo è sconosciuto, è che a averne ventotto di giorni non era Febbraio, ma era il corto Gennaio. 

    Freddo e gelido, Gennaio iniziava il calendario. Con il suo carattere rigido e inflessibile, era il frigido mese più temuto dell’anno. 
    Come un bullo, portava via tutte le feste! 
    Per questo  nessuno lo voleva più del dovuto. 
    Per tutti, 28 giorni erano pure troppi!

    Gennaio che era un mese assai permaloso, mal sopportava il merlo bianco, che ogni anno gli ricordava, allegramente fischiettando, che era dei 12 mesi, per durata, il più piccolo dell’anno. Sentire il suo cruccio a canto gli pareva un vero oltraggio.
    Tutto il giardino partecipava al teatrino, che sempre si ripeteva quando arrivava Gennaio.
    Quest’ultimo come un burbero vecchietto tuonava al merlo bianco: - “ Merlo del malaugurio, il tuo ronco sibilo mi stride le orecchie. Se non la smetti di gracidare ti vengo io a strigliare!- 
    Il gelido mese, per il ghiaccio, come fosse su di una slitta, scivolava senza freni sulle sue parolacce da soffitta. Non faceva in tempo a arrivare sotto l’albero del merlo, che finiva giu, con il finferlo affianco. E si accorgeva con tristezza, che d’un tratto, i suoi giorni erano già finiti di punto in bianco.
     Il merlo con una doppia nota lo faceva andar via.
    “ Ciuf -ciuf “ si sentiva il treno con Gennaio dentro, allontanarsi dalla ferrovia.

    Il primo mese, stanco e adirato decise di rispondere a dispetto con dispetto. Quatto, quatto,  di soppiatto, da buon furbastro rubò tre giorni a Febbraio con un lungo e grosso nastro. Lo usò poi per arrivare al merlo bianco, che con i suoi piccoli, il nido dovette abbandonare. 
    Tanto fu il gelo, che nel giardino dormiva beato un orso polare. 
    Tutto intorno era esanime. Tranne Gennaio, che impassibile se la rideva. 
    - Ahahaha!- sghignazza, e a ogni riso storto, una forte folata di vento si abbatteva sul prato ormai morto.
    Gelato e raggelato era il muso del merlo stecco, che per il gran freddo più non riusciva a aprire il becco.
    Tremava poverino e quando la tormenta arrivò per salvare i suoi piccoli in un comignolo se ne andò. 
    Quando ne uscì, da bianco che era, tutto macchiato s’era, di una pece fuliggine nera. 
    E quando arrivò il 31, Gennaio finalmente se ne andò, portando con se i tre giorni in più e non restituendoli a Febbraio mai più. 
    Il giardino era tutto raffreddato. 
    Il merlo aveva ancora il becco congelato!
    Perciò la Primavera in anticipo arrivò e tutto d’un colpo il mondo si riscaldò.
    Il merlo dal manto bianco, ora tutto nero, pesto come la notte, era diventato. Ma il merlo nero tornò lo stesso fischiettare. 

    -“ Trenta giorni ha Novembre, con April, Giugno e Settembre.
    Di ventotto c’è n’è uno, tutti gli altri fan trentuno. “, “Fiuu” - zirlava così concludendo, il merlo nero.

    E di filastrocca ne aggiunse un’altra, per rivelare, dei tre giorni rubati il futuro avvenire:
    -“ Se nei giorni della merla farà freddo, e di brutto! In primavera è tutto asciutto. Se invece c'è bello, porta sempre con te l'ombrello!”

    Tenendo la filastrocca sempre a mente, aspettiamo il 2 Febbraio e ci auguriamo una buona Candelora!













    lunedì 16 gennaio 2023

    Il lupo di Cappuccetto Rosso

     

    Illustrazione di Massimiliano Frezzato per Lavieri Edizioni

    Questo racconto nasce da un lavoro di gruppo che ho svolto con alcune colleghe di puericultura durante la lezione di psicologia. La narrazione vede la fiaba di Cappuccetto Rosso dal punto di vista del lupo.


    C'era una volta a bosco fiorito un lupo non affamato, che camminava tranquillo e spensierato nei pressi di un prato.

     Tra i fiori di quel prato scorse un piccolo cappuccio tutto rosso. Incuriosito si avvicino e vide con stupore che sotto il cappuccio vi era una rosea bambina. 

    -Cosa fai bambina, qui nel bosco, tutta sola, con un cappuccio rosso? - Chiese il lupo alla piccola. 

    La bambina raccontò al lupo che sua nonna malata l'aspettava al di là del bosco. 

    - Le porterò i fiori che sto raccogliendo. - disse la piccola, e continuò: - Raccoglierò fiorellini di tutti colori e glieli regalerò. La nonna farà un gran sorriso..  

    Il lupo pensava tra se e se : " ma che dolce e coraggiosa bambina.”

    Cappuccetto rosso che era una bimba assai chiacchierina continuo a parlare: - Porterò anche questo cestino alla nonna. Il cestino della mamma ha le focacce appena sfornate! Sono calde, calde. È c’è anche il miele e la marmellata d'uva. Il lupo si stava lasciando coccolare dalla sua vocina, che quasi si affeziono alla bambina. Tuttavia la piccina parló davvero troppo e per troppo tempo. 

    Tutto quel parlottare di leccornie fece sopraggiungere al lupo una gran fame. Purtroppo per la bambina, l'idea di mangiare nipote e nonnina si fece largo nella testolina del lupo. 

    Fu allora che si udii chiaramente nella pancia unforte brontolio. Cappuccetto non ci fece caso, .

    Ma l’animale invece per sua natura, non poteva resistere alla tentazione. D'altronde l'inverno era alle porte, bisognava fare assolutamente scorte! Perciò disse alla piccola:

    - Si sta facendo tardi bambina io devo tornare alla mia tana e anche tu devi andare dalla tua nonnina. Ti conviene passare per questa stradina. - con voce decisa raccomando alla piccolina- È una scorciatoia! Se da qui passerai in un lampo arriverai. - 

    Cappuccetto rosso convinta, prese in mano il suo cestino e impugnando il suo bel mazzolino, lo sventolo in segno di saluto al lupo, per poi addentrarsi nella scorciatoia.  Canticchiava e saltellava la bambina, fiduciosa che la nonna fosse a pochi passi, vicina. 

    Il lupo se la rideva mentre correva giu per una discesa che veramente velocemente alla fine del bosco lo conduceva.

     Raggiunse la casina della nonnina e senza pensarci due volte si mangiò la povera vecchina. 

    Quando cappuccietto arrivo, la fame era ancora là nello stomaco del lupo. La fame ululava nello stomaco che era pieno solo a metà.

    Perciò il lupo da un angoletto, con un balzo si mise nel letto a fare la finta nonnina. Quando la bambina profumata di miele, focacce e bianchina, abbraccio il lupo che credeva la sua cara nonnina, il lupo con un gran sorriso fece: - Ahmmm! - e se la mangiò. 

    Il lupo era così pieno adesso che torno se stesso. Quasi gli scese una lacrimina per il dispiacere di aver mangiato quella rosea bambina. Ma sotto sotto quel pelo da lupastro il vizio non l’avrebbe mai perso. 

    Il lupo contento e soddisfatto pensó: C'è l'ho fatta ancora una volta!- Non era cosa da tutti i lupi. E questa volta era più che soddisfatto. Con furbizia aveva preso due prede con una focaccia!

    Ad un certo punto il Lupo che era ancora nel letto sentii dalla finestra un gran botto. Ma non era un tuono e nemmeno un vaso che cadendo si era rotto. Era lo scoppio del fucile di un cacciatore, che come il più furbo predatore, aveva sorpreso il lupo e con scaltrezza a quel lupo, ora più non tanto furbo,  sparò. 

    Così il lupo senza accorgersene chiuse gli occhi e mai più si risvegliò.

    Le fiabe di NenéDesign byiolecal